Anastasia Grimaldi blog di prova

Ultimi Post
Se vi dicessi da quanto tempo ho in bozza questo post forse non mi credereste! 
Si dovrebbe già immaginare dalla presenza nel piatto del cavolo viola che avete ragione a maggio non è proprio così di stagione. Anche se oramai anche la natura si adatta al nostro clima strambo ed imprevedibile, visto il "freddo becco" che sta facendo in questi giorni. E la stagionalità, per forza di cose, segue a ruota l'andamento climatico non proprio ortodosso, perchè i segnali che la natura coglie sono dettati dalle variazioni di temperatura.
Ad ogni modo meglio pubblicarlo, prima che sia estate! 
Sono irriducibile lo so da me, il tempo per aggiornare il blog è sempre troppo poco purtroppo e le foto in archivio con le ricette provate e da pubblicare si moltiplicano a dismisura, per cui presto che è tardi.
L'idea per questo risotto è nata dopo il mio tour di Novara di cui vi avevo già parlato qui.

L'idea di sposare due ingredienti tipici novaresi: riso e gorgonzola per preparare un delizioso risotto è stata quasi immediata.
Il riso Artiglio dell'Azienda Rizzoti aveva destato da subito la mia attenzione già dalla sua descrizione in azienda: un riso simile al basmati nella forma, ma con una tenuta di cottura superiore, grazie al 25% di amilosio, nonostante gli 8-10 minuti di cottura rapida non scuoce ed è quindi perfettamente adatto a farci un risotto. 
E che volere di più? 
Una confezione di quelle che fanno sognare, come piacciono a me, mancava solo il sacchetto di stoffa carinissimo con dei meravigliosi topini disegnati sopra e secondo voi potevo resistere?

Nella foto Riso Artiglio Rizzotti
Infatti non ho resistito, l'ho comprato e per mantecare il mio risotto ho usato il gorgozola dolce Palzola una vera delizia! 
Se voleste osare (e io in una versione senza cavolo l'ho fatto!) vi consiglio di metterci il Palfuoco, un gorgonzola con una equilibrata punta di piccantino che è una meraviglia.




IL GORGONZOLA PALZOLA
Durante la nostra visita al Palzola di Cavallirio, ho imparato un sacco di cose interessantissime sul gorgonzola DOP. La prima è che è uno dei formaggi italiani praticamente inimitabili. Infatti è per gli stranieri sarebbe troppo difficile farlo, tanto che l'Azienda ha deciso di automatizzarne la produzione dal punto di vista igienico-sanitario, lasciando però inalterata la lavorazione manuale, che viene ancora effettuata in modo tradizionale. Mi conforta sempre molto sentire che la sapienza umana, in questo caso del casaro, è insostituibile dalle macchine! 
Per ottenere una forma di gorgonzola occorrono 100 litri di latte fresco, conferito autonomamente, ma in tutta sicurezza, tramite delle cisterne accessibili dall'esterno, ma automatizzate per il controllo dei parametri di analisi di laboratorio dall'interno. Il latte fresco appena ricevuto dai produttori conferitori, provenienti da 17 paesi del circondario, viene infatti prontamente analizzato e pastorizzato. 
Dai 17 kg di peso iniziale di una forma si passerà a 12-13 Kg a stagionatura finitaPer ottenere il gorgonzola, oltre al latte fresco naturalmente, occorre aggiungere subito:

  • fermenti lattici che acidificheranno il latte
  • lieviti che fermenteranno successivamente
  • caglio di vitello che opererà la coagulazione delle proteine 
  • spore di miceti (il Penicillium Glaucum) che andranno con il loro micelio a costituire la classica erborinatura, ovvero le striature blu-verdi del gorgonzola

Nella prima fase che avviene a temperatura controllata, c'è la "stracchinatura", le acidificazioni dei batteri lattici cremificano il latte e con i rivoltamenti operati ogni 4 ore viene allontanato il siero. Dopo 18 minuti avviene la cagliata a 32°C, dopo la coagulazione c'è la rottura della cagliata. Nel successivo passaggio nei fasceruoli (gli stampi) si ha uno spurgo con ulteriore perdita di siero, una salatura e successiva prima stagionatura di circa 1 settimana. Le forme vengono marchiate e poi lavate e spazzolate settimanalmente per evitare la formazione di muffe indesiderate e successivamente sottoposte a salatura cui segue la maturazione in celle con temperature controllate. Le famose strie dell'erborinato si formano solo quando viene dato "ossigeno" alle spore, che ne hanno bisogno per fermentare il formaggio. Questo avviene tramite la foratura delle forme, ciascuna riceve 120 buchi effettuati su entrambi i lati, che consentono alle muffe di agire.
Secondo il disciplinare la maturazione del gorgonzola dolce DOP non può essere inferiore ai 50 giorni. Per il gorgonzola dolce Palzola occorrono 70-80 giorni di maturazione e 120-150 giorni per quello piccante. E' solo il casaro che stabilisce il punto esatto di stagionatura.

E voi lo sapevate che il gorgonzola più è stagionato più è cremoso? Diversamente dai formaggi a pasta dura infatti, il prolungamento della stagionatura permette lo sfaldamento delle proteine operato dalle proteasi. 

Quando si hanno a disposizione prodotti di cui hai avuto il privilegio di osservare l'origine e la produzione è un onore cercare di valorizzarne al meglio le caratteristiche. 
Spero quindi di esserci riuscita.  


Eccovi la ricetta del mio risotto viola:

Ingredienti: (dosi per 4 persone)
300 gr di Riso Artiglio
1 cipollotto fresco
mezzo cavolo viola
100 gr di Palzola dolce  
olio extra-vergine di oliva qb 
brodo vegetale qb
1 presa di sale

Procedimento:
Per prima cosa tagliate a metà il cavolo rosso, sciacquatelo e tagliatelo a striscioline sottili lasciandone da parte due manciate. Porre la restante parte in un tritatutto con mezzo bicchiere d'acqua molto fredda, frullare fino ad ottenere una crema viola. Affettate il cipollotto e ponetelo in un tegame antiaderente, insieme alla crema di cavolo e il cavolo tagliato a striscioline. Aggiungete un giro d'olio e soffriggete tostando il riso per 5 minuti. Una volta insaporito per bene sfumate con l'aceto, che servirà grazie alla sua acidità a mantenere un viola vivido, facendo virare il colore viola verso il chiaro. Se cercate un colore del risotto più sul viola-blu bisognerà diminuire l'acidità e ossidare maggiormente, quindi non usate l'aceto. Aggiungente un mestolo di brodo vegetale alla vota e portate a cottura. Spegnete il fuoco e mantecate con il gorgonzola, fino a che sia completamente sciolto, decorate con qualche strisciolina di cavolo fresco e servite subito. 



Questa ricetta mancava all'appello da troppo tempo. 
Dal 2010 in cui l'avevo sperimentata per la prima volta prendendo spunto dalla ricetta di Imma qui, l'ho già preparata innumerevoli volte e da allora è sempre stata un successo, uno dei miei regalini di Natale più apprezzati dagli amici e dai parenti golosi. 
Come dar loro torto?
E' davvero meravigliosa, buona e profumatissima grazie alle bacche di cardamomo che le regalano quella marcia in più.
Non poteva mancare nel mio ricettario virtuale.


Quindi eccola qui anche lei finalmente tra le mie ricette del blog. Quest'anno ho deciso di riciclare le uova di Pasqua avanzate con questa confettura.

Ingredienti:
1 kg di pere Williams
200 g di cioccolato fondente (io delle uova di Pasqua)
600 g di zucchero
8 bacche di cardamomo
un cucchiaino di succo di limone


Procedimento:
Lavate e sbucciate le pere, tagliatele a pezzi e ponetele in un tegame a bordi alti con lo zucchero ed il limone, e i semini neri contenuti all'interno delle bacche di cardamomo. Portate a bollore lasciando cuocere per una decina di minuti. Quindi spegnete il fuoco e sciogliete bene il cioccolato nella confettura calda amalgamandolo fino a che non sia del tutto sciolto. Lasciate intiepidire e ponete il tegame in frigo per tutta la notte. Il giorno successivo frullate tutto con un frullatore ad immersione e riportate a bollore facendo cuocere per altri 15-20 minuti. Ponete la confettura nei vasetti caldi e sterilizzati, chiudendoli ermeticamente subito dopo averli riempiti.
E vedrete che bontà, spalmata sulle fette biscottate o sul pane per colazione o una merenda genuina. 


Arrivederci alla prossima ricetta:




Se c'è una cosa che adoro fare quando preparo la carne è utilizzare cotture lente
Questo perchè la cottura a fuoco lento, sa regalare alla carne un gusto e una consistenza, uniche e poi perchè mi ricorda un pò il focolare, le nonne, i tempi antichi...
Stracotto Mon Amour insomma.
Ultimamente, nonostante le richieste dei due carnivori di casa, ho ridotto notevolmente l'utilizzo della carne nella mia cucina. 
Tuttavia, specialmente nel fine settimana, mi piace preparare un secondo più elaborato del solito.
Con la calma e la dedizione a disposizione, anche con pezzi in apparenza poco pregiati, come può essere la guancia di manzo, anche con poca spesa come si faceva un tempo, vengono fuori dei piatti prelibati, davvero deliziosi. 
Questo stracotto non richiede l'utilizzo del coltello, è talmente morbido che si scioglie in bocca, ve lo posso assicurare.





NOTE PERSONALI: 
In un periodo di estrema confusione in ambito culinario, in cui si sentono mille assurde teorie e altrettanti differenti versioni sulla presunta corretta alimentazione da seguire, vorrei spendere due parole in più in merito. Intanto consiglio sempre di affidarsi a professionisti del settore! Nessuno andrebbe mai da un macellaio a farsi curare i denti, allora perché mai seguire indicazioni nutrizionali da personaggi di indubbia fama? 
Da biologa nutrizionista qual sono, vorrei spezzare una lancia a favore della carne, dicendo che l'uomo biologicamente è onnivoro e necessita di proteine animali, sebbene in modeste quantità. Lungi da me voler indottrinare chiunque in merito, in ogni caso io sono onnivora, anche se credo che certamente bisognerebbe essere molto più consapevoli di come ci nutriamo e forse fare qualche passo indietro. Il vero problema odierno è che si è perso quel contatto diretto tra chi il cibo lo produce e chi lo consuma e questo ha instillato in noi una sorta di "bisogno demandato". Come se non fosse compito nostro dedicare cura e attenzione alla scelta di quello che finisce quotidianamente nel nostro piatto. 
Il discorso sarebbe troppo lungo e complesso per affrontarlo qui, tuttavia senza dilungarmi troppo, personalmente cerco di ovviare a tutto questo andando a scegliere i produttori di cui mi fido
Mangio poca carne, ma quando la mangio la voglio buona e soprattutto voglio sapere da dove arriva, chi la produce e come
Questa guancia di manzo arriva direttamente da Cascina del Duc, conosciuta grazie al Tour qui da noi e diventata il nostro "spacciatore carnivoro". 
Insomma poco ma buono, come dicevano i nostri vecchi saggi. 
Stessa cosa per il vino! Il Barbera è questo qui di Cascina Perfumo:



è un vino delizioso del nostro, oramai amico, Marco Perfumo, che ho utilizzato sia per preparare lo stracotto, che per accompagnarlo a tavola. 

Ed ora passo a regalarvi la ricetta, di cui sono certa non vi pentirete, se vi piace una consistenza della carne un pò gelatinosa, ma morbidissima che si scioglie in bocca.

Ingredienti: (dosi per 4 persone)
1 guancia di manzo (circa 1/2 kg)la mia arriva dall'Agrimacelleria Cascina Duc
1 piccola cipolla bionda
1 carota di grandezza media
2 costole di sedano
1 cucchiaio di erbe di Provenza
1 rametto di rosmarino
1 spicchio d'aglio
2 foglie di salvia
3 foglie di alloro 
5 bacche di ginepro
2 cucchiai di farina
2 bicchieri di Barbera Magenta di Cascina Perfumo
brodo vegetale qb
Olio extra vergine qb


Procedimento:
Per questa ricetta è importantissimo l'utilizzo del tegame. Di solito uso una casseruola in ghisa a bordi alti oppure i vecchi ed intramontabili tegami in terracotta.
Per prima cosa mondate bene le verdure, lavatele e preparate un trito non troppo fine di sedano carota, cipolla e prezzemolo. Mettete l'olio nel tegame e fate soffriggere il trito preparato con lo spicchio d'aglio, il rosmarino, la salvia e il cucchiaio di erbe di Provenza. Nel frattempo infarinate la guancia di manzo e poi aggiungetela nel tegame, facendola sigillare bene a fuoco vivace, girandola da tutti i lati, finchè si sarà formata una bella crosticina marroncina. Ora abbassate il fuoco al minimo, sfumate con 2 bicchieri di vino rosso, (aggiungendolo al lato della carne e non direttamente sopra l'arrosto, perché l'alcool contenuto nel vino disidrata la carne immediatamente, facendo "strizzare troppo le fibre muscolari" e rilasciando i preziosi succhi della carne immediatamente). 
Ho usato la Barbera. Aggiungete ancora le bacche di ginepro e l'alloro. Incoperchiate e lasciate cuocere a fuoco lento fino a che tutto il vino non si sia consumato. Non rigirate troppo spesso la carne, controllate solo che non si consumi il fondo di cottura e di tanto in tanto aggiungete un mestolo di brodo vegetale.  
Lasciate cuocere per un paio d'ore. Poi spegnete il fuoco e lasciate raffreddare per bene la carne. Sarebbe meglio preparare lo stracotto il giorno prima per dar modo alla guancia di assorbire bene tutti gli aromi. Una volta raffreddata affettate la guancia e "tirate la salsa". Ossia eliminate le erbe aromatiche, l'aglio, e le bacche di ginepro e con un frullatore ad immersione (io il mini-pimer) frullate bene il fondo di cottura, in modo che risulti liscio e cremoso. Regolate di sale e poi scaldate l'arrosto con la salsa in accompagnamento prima di servirlo. 

Buon appetito e arrivederci alla prossima ricetta:




Finalmente è arrivata anche qui qualche bella giornata di primavera!
Adoro aprile, non so se perchè è il mese in cui sono nata, ma mi fa sempre pensare ad una sorta di rinascita non solo della natura, anche personale. In questo periodo vorrei stare sempre all'aria aperta, fare tanti pic-nic sui prati insomma, vorrei anche io risvegliarmi dal torpore dell'inverno.
E non è primavera se non ci sono le fragole! Un frutto bellissimo e tanto goloso. 
Il mio cucciolo ne farebbe incetta ogni volta e mi tocca nasconderle a volte, per fare in modo che non ne faccia indigestione... 
Era da un pò che cercavo una torta da colazione con le fragole, che fosse però semplice, un dolce da credenza come quelli che piacciono a me. 
Finalmente ne ho preparato uno degno di nota. Vi lascio la ricetta e vi consiglio proprio di provarla, perchè non resterete delusi.
Questa torta anche se semplice è una nuvoletta fragolosa e sofficissima. Per un connubio perfetto di bontà e golosità insieme.




Ingredienti:
5 uova
15 fragole mature
200 g di zucchero
1/2 limone non trattato in superficie (succo e scorza)
150 gr di farina
1 cucchiaino colmo di lievito per dolci



Procedimento:

Sciroppo alle fragole:
Lavate bene le fragole, privatele del picciolo e frullatele con il succo di limone e 50 grammi di zucchero fino ad ottenere uno sciroppo che vedrete avrà un colore bellissimo! Ma quanto è bello il rosso fragola?

Pan di spagna
Separate albumi e tuorli che monterete con le fruste elettriche. Montate prima gli albumi a neve ferma, poi i tuorli con il restante zucchero (150 grammi). Il composto dovrà risultare bianco e molto cremoso, montatelo per almeno una decina di minuti. A questo punto con l'aiuto di una spatola aggiungete delicatamente lo sciroppo di fragole precedentemente preparato ai tuorli montati con lo zucchero (lasciatene da parte qualche cucchiaio per la decorazione finale) ed amalgamate bene. Incorporate gli albumi montati a neve e in due volte la farina setacciata con il lievito, mescolando con la spatola molto delicatamente dall'alto verso il basso per non smontare il composto. Trasferite in una tortiera (io ho utilizzato uno stampo in silicone) ed infornate per 40 minuti a 180°C o comunque fino a cottura. Fate sempre la prova stecchino. Aspettate che sia ben fredda prima di sformare. Tagliate e decorate a piacere con un ciuffo di panna montata, fettine di fragola e lo sciroppo.


Un abbraccio, vi aspetto alla prossima ricetta




Quando mi arriva l'ispirazione per realizzare una ricetta, nella mia testa sento già sapore e consistenza del piatto che voglio ottenere. E' stato così anche per questi fagottini. Me li ero già immaginati. 
Invero battezzati "fior di loto" in onore di Rocco che li ha assaggiati e ne ha coniato il nome.
Volevo un effetto elegante con un ripieno di pesce. 
E poi ho fatto un mix di tre ricette che mi piacevano e tra cui come al solito non sapevo decidermi.
Così è nata la mia personale versione, che devo dire è stata molto apprezzata dai commensali, con mia enorme soddisfazione!
Li annoto prima di dimenticarne ricetta e procedimento. 
Perché vi assicuro che mi capita anche questo.


Ingredienti: 
Per la pasta fresca la nero di seppia:
400 g di farina di semola rimacinata
4 uova
2 bustine di nero di seppia
1 pizzico di sale


Per il ripieno:
200 g di baccalà già ammollato e pulito
1 manciata di prezzemolo fresco
100 g di salmone affumicato
pangrattato all'occorrenza qb
1/2 spicchio d'aglio 
2 cucchiai di olio extra-vergine di oliva
Per il sugo:
1/2 scalogno
200 g di pomodorini piccadilly
1 presa di sale
2 cucchiai di brandy
300 g di gamberi sgusciati e precotti



Procedimento:
Per la pasta fresca la nero di seppia:
Disporre la farina a fontana su una spianatoia, rompere le uova ed amalgamarle poco alla volta partendo dal centro della fontana verso l'esterno con movimento circolare della mano. Aggiungere il sale e le bustine con il nero di seppia e lavorare la pasta sulla spianatoia fino ad ottenere una palla liscia. Coprire con pellicola e lasciare riposare l'impasto per una mezz'oretta. Quindi infarinare bene la spianatoia, io ho usato farina di semola, e stendere la pasta una striscia per volta, coprendo l'impasto rimanente per non farlo seccare. Ho ricavato delle strisce sottili di pasta di circa 1 mm con l'aiuto del mattarello, quindi ho formato i fagottini fior di loto tagliando dei quadrati e dopo aver sistemato il ripieno al loro interno, li ho chiusi a piramide come in foto. 
Per il ripieno:
Avevo del baccalà già ammollato, l'ho lasciato cuocere in un tegame per 15 minuti con un pò di prezzemolo e aglio e un giro d'olio, poi l'ho frullato con il salmone aggiungendo un pò di pangrattato, perchè il ripieno non risultasse troppo liquido e ho riempito i fagottini.
Per il sugo: 
Affettate sottilmente lo scalogno, tagliate i pomodorini e fate appassire in una padella antiaderente fino a quando si sia consumata tutta l'acqua di vegetazione. Quindi aggiungete l'olio e i gamberi e fate rosolare 5 minuti a fiamma viva. Sfumate con il brandy, lasciando insaporire, regolate di sale. 
Se vi piace potete aggiungere un pizzico di peperoncino. 
Composizione del piatto:
Tuffate i fior di loto in abbondante acqua salata, ma cuoceteli pochi per volta altrimenti si attaccheranno, non più di una 20ina alla volta. Lasciateli cuocere fino a che non vengono a galla. Intanto sistemate fondo di ciascun piatto il sugo con i gamberi e adagiate delicatamente i fior di loto sul sugo condendoli con un filo d'olio extra-vergine a crudo.

Sentirete che meraviglia! 

Buon appetito a tutti e arrivederci alla mia prossima ricetta:





Dal 25 al 27 febbraio presso la Cavallerizza Reale di Torino si è svolta la prima edizione del Festival del Giornalismo Alimentare tre giorni davvero molto intensi. 
Due giornate ricche di spunti di riflessione e la giornata conclusiva del sabato dedicata agli Educational Tour. Un alternarsi di lezioni e dibattiti, per un totale di 70 relatori presenti con un grandissimo successo di pubblico già alla sua prima edizione. 
Mi è sembrato quasi il logico proseguimento di una serie di incontri a cui ho partecipato con grande piacere: NUTRIRE TORINO METROPOLITANA, organizzati da Torino città Metropolitana nel corso del 2015 in concomitanza con Expo, con l’intento di riunire attorno ad uno stesso tavolo, tutti gli attori del cibo


Il confronto tra idee e strategie messe in atto in modo virtuoso da diverse parti, siano esse la cittadinanza, le istituzioni politiche, le associazioni, le cooperative o le diverse realtà produttive del territorio, sono stati a mio avviso un’idea vincente.
La normativa italiana purtroppo non aiuta, non esiste ad oggi nessuna istituzione che si occupi di “politiche del cibo” e questo ha i suoi risvolti pratici a volta anche deleteri. 
Chi si occupa di sicurezza alimentare ad esempio, non sempre conosce le problematiche di chi il cibo lo produce o di chi lo distribuisce, peggio ancora di chi lo comunica. Insomma ognuno fa il suo pezzettino, magari anche in modo virtuoso, ma poi non ci si parla gli uni con gli altri. 
Mancano ad oggi degli spazi di confronto con le diverse parti coinvolte, una sorta di coordinamento tra le parti del sempre più complesso ed articolato mondo del cibo. Questo di fatto lascia ampi spazi di miglioramento in tanti ambiti, in cui già il solo dialogo risolverebbe problemi annosi. 

Durante la due giorni del Festival del Giornalismo alimentare invece si è dato ampio spazio a queste tematiche, già emerse durante NUTRIRE TORINO METROPOLITANA, ovviamente con un particolare accento alla parte della comunicazione. 

Impossibile citare tutti gli interventi ascoltati e riuscire a riassumerli in modo efficace. 

Molti sono stati i temi per me di particolare interesse. 

Proverò a soffermarmi su quelli che mi hanno fatto maggiormente riflettere.



Cibo e salute: la comunicazione scientifica si può fare correttamente con uno slogan?

Inutile girarci intorno: è cambiato il modo di comunicare, ma anche di reperire le informazioni. E’ un dato di fatto di cui prendere atto. E’ stato ribadito più volte durante il Festival e da tanti relatori. La comunicazione viaggia poco sul cartaceo, sempre di più sul digitale.
Inoltre la grande maggioranza dei lettori è frettolosa, si ferma al titolo, alla foto e non legge interamente la notizia
Le condivisioni sui social network, con Facebook in testa, di notizie vere, o presunte che siano, fanno il resto del danno.

Ovvero: disinformazione, superficialità e sensazionalismo imperante! 

Poco spazio all'approfondimento della fonte della notizia, una gara delle agenzie di stampa per arrivare prime a dare la notizia e catturare l’attenzione del lettore, riducendo ai minimi termini il titolo, fino a snaturarne il senso. 

Eclatante il recente caso dell’allarmismo ingiustificato per il consumo di carne rossa erroneamente etichettata come cancerogena. 


Non so se esista un modo per rendere “accattivante” una notizia scientifica, forse sì. Provenendo però dal mondo scientifico e avendo fatto ricerca, so che è un lavoro lungo, faticoso, lento, dove la complessità è tale da richiedere una comunicazione con una terminologia ed una accuratezza appropriate, che non sempre sono riducibili ad uno slogan. 
La mia riflessione piuttosto rigira la domanda. 
Siamo davvero certi che i divulgatori scientifici debbano adattarsi al pubblico sempre più frettoloso? E non siano invece chiamati ad educare alla complessità? Non dovremmo trovare qualche strategia per fare in modo che i lettori tornino ad essere consapevoli, critici, colti, informati a dovere e capiscano che la fretta è sempre cattiva consigliera? 
Ovviamente sono riflessioni personali senza presunzione di verità! Lasciatemi i vostri commenti al riguardo, sarei curiosa di conoscere anche tesi differenti dalla mia.

Giornalisti contro blogger e viceversa?

Altro tema caldo che mi vede coinvolta in prima persona, visto che scrivo anche su questo blog da oltre 6 anni! E la mia personale idea me la sono fatta. Ciò che fa la differenza è la persona che scrive, che sia blogger o giornalista non è fondamentale a mio avviso, nè indice di qualità di ciò che viene pubblicato. 
Le differenze ci sono ci mancherebbe, come ha giustamente asserito Paolo Marchi la credibilità la costruisci nel tempo, ciò che conta è la competenza. 

La competenza non la fa un'etichetta: "blogger/giornalista", la competenza si costruisce sul campo, grazie alla propria formazione personale, che sempre più spesso esula da percorsi canonici o comunque non è sempre etichettabile in modo semplice. 

A volte blogger che sono semplici appassionati, per vari motivi, sono molto più esperti e affidabili di giornalisti famosi, che scrivono di cibo solo per esigenze di redazione, quando hanno sempre scritto di tutt'altro.
Il problema se mai è come “certificare le competenze”
In un mondo web che di fatto è uno spazio libero, è però difficile impedire il lavoro ai “tuttologi” improvvisati, a chi volutamente divulga notizie false solo per guadagnare, come ci hanno raccontato Michelizza e Puente autori di Bufale.net.
La bufala è dura a morire una volta messa in rete. Può circolare e resistere anche per 5-6 anni, nonostante le smentite.
Ecco, questo mi ha un pò atterrita.



Comunicare in modo emozionale anche la sicurezza alimentare?


Siamo in un periodo in cui l'allerta alimentare è alta e sapendo che l'allarmismo crea audience, molti giornalisti "giocano" al sensazionalismo sul campo, facendo leva sul piano emozionale. 
Forse anche per una distorta abitudine nel modo di comunicare questo genere di notizie, i consumatori italiani rispetto al resto dell'Europa hanno un'esagerata percezione del rischio alimentare. Allarmismo infatti non sempre giustificato, come sostiene Franca Braga di Altroconsumo. I cittadini sono più esigenti in fatto di sicurezza alimentare, ma l'Italia è uno dei Paesi dell'Unione Europea, che fa più controlli sul cibo. Sebbene Guariniello, nel suo intervento, abbia evidenziato alcune gravi pecche nei controlli delle frodi alimentari, dovute sostanzialmente alla mancanza di un'unica agenzia nazionale deputata al controllo alimentare.
Estremamente interessante anche l'intervento di Silvia Gallina dell'Istituto Zooprofilattico torinese che tra le altre cose segnala il loro curatissimo sito IZSalimenTo una fonte certificata su cui reperire corrette informazioni sulla sicurezza degli alimenti.

Gli eventi off cui ho partecipato: 

Argotec

Esperienza davvero sorprendente la Space Food Experience già solo a partire dalla calorosa accoglienza riservataci. 
Un'azienda davvero all'avanguardia l'Argotec con uno staff di ingegneri giovanissimi: con età media inferiore ai 30 anni.
Guidati dall'amministratore delegato David Avino entriamo nei laboratori dove si lavora sodo ma con passione e soddisfazione, lo si scorge dall'entusiasmo con cui i giovani dipendenti raccontano il loro lavoro e l'idea sviluppata per soddisfare una voglia tipicamente terrestre di una cliente speciale: l'astronauta Samantha Cristoforetti
Trattasi di ISSpresso una macchina per farsi un caffè nello spazio, costruita con una sofisticata tecnologia, grazie all'idea di questi giovani sorridenti collaboratori e realizzata in collaborazione con Lavazza.



A seguire, una serie di assaggi sorprendentemente buoni, di un cibo spaziale in ogni senso. Preparato dallo chef Stefano Polato nello Space Food Lab



Certamente meritevole questa azienda torinese, che scommette sui giovani, vince un progetto per costruire un mini satellite per la NASA e produce un cibo squisito, nutrizionalmente perfetto, innovativo e di qualità. Un cibo adatto agli astronauti, ma venduto anche a sportivi, alpinisti, single o appassionati che vogliano provare un cibo differente. Lo Space Food è davvero buono, ed è acquistabile anche online su Ready to lunch qui.


Camst di Chieri 

Ha aperto le porte della ristorazione collettiva a giornalisti e blogger per farci visitare il modernissimo impianto di ristorazione, che eroga 2000 pasti al giorno, costruito in modo sostenibile. Il nuovo centro di cottura ha richiesto un cospicuo investimento: 4 milioni di euro spiega Claudio Marsili, per garantire qualità e sicurezza del cibo.




Vi invito a tal proposito, a leggere qui il dettagliato resoconto scritto da Monica che ho rivisto proprio durante la nostra visita alla Camst, dopo ben 4 anni.   



Ringraziamenti:


Per concludere non posso non rivolgere il mio sentito e doveroso ringraziamento a Massimiliano Borgia, a tutti gli organizzatori del Festival e all'Ufficio Stampa del #‎foodfest16‬ per la ricchezza dei contenuti proposti e la cospicua e diversificata partecipazione dei relatori.

Grazie al sito del Festival del Giornalismo Alimentare e alla rete da loro creata, ci sarà modo di proseguire la formazione e le discussioni, in attesa della prossima edizione. Ancora grazie a tutti e arrivederci alla prossima, di cui già si parla.